Idrocefalo normoteso o Idrocefalo cronico idiopatico

Introduzione

Mezzo secolo fa circa Adams e Hakim definirono l’esistenza di una patologia definita come “idrocefalo occulto sintomatico con normale pressione del liquido cefalorachidiano”. Da allora, nonostante il concetto di idrocefalo normoteso (anche noto con il termine di idrocefalo cronico idiopatico, idrocefalo cronico dell’anziano) si sia evoluto sia in termini diagnostici che terapeutici sono ancora molti i punti interrogativi legati a questa condizione che può provocare segni e sintomi potenzialmente invalidanti a partire dalla quinta o sesta decade di vita.

Il liquido cefalorachidiano o liquor è un liquido all’interno del quale letteralmente galleggia il sistema nervoso centrale (cervello, midollo, nervi cranici e radici spinali). Viene prodotto da strutture particolari site nelle profondità del cervello denominate plessi coroidei sistemate all’interno di vere e proprie camere piene di liquor chiamate ventricoli cerebrali. Il liquor circola dai ventricoli per raggiungere la superficie del cervello e del midollo per poi esser riassorbito da strutture apposite site a livello della dura madre (la membrana che ricopre cervello, midollo e radici spinali) che avvolge il cervello.

Un disturbo della produzione (in eccesso), del riassorbimento (in difetto) o della circolazione (ostruzioni) del liquor può provocare una condizione di idrocefalo ovvero di rigonfiamento patologico di uno o più ventricoli cerebrali.

Esistono diverse tipologie di idrocefalo, alcune di queste richiedono un trattamento chirurgico urgente, in particolare l’idrocefalo acuto (idrocefalo comparso nell’arco di qualche ora) è una condizione che mette a repentaglio la vita e necessita di un intervento di derivazione ventricolare esterna in urgenza (posizionamento di un catetere che dreni il liquor all’esterno).

Al contrario l’idrocefalo normoteso o cronico idiopatico è caratterizzato dalla dilatazione di tutti i ventricoli cerebrali (idrocefalo tetraventricolare) con alterazioni della fluidodinamica del liquor senza poter individuare nessuna causa apparente che possa giustificarne la comparsa. E’ responsabile di un quadro clinico fortemente invalidante che se correttamente inquadrato è suscettibile di trattamento chirurgico con ottimi risultati clinici.


Segni e sintomi

Il quadro clinico di idrocefalo normoteso è caratterizzato da tre sintomi che costituiscono la cosiddetta triade di Hakim: (1) disturbo della deambulazione, (2) disturbi cognitivi (in particolare della memoria, (3) incontinenza urinaria.

Il disturbo della deambulazione consiste in una marcia difficoltosa a piccoli passi.

La presenza di questi disturbi, seppur estremamente frequenti anche nell’ambito di altre patologie tipiche dell’anziano, qualora associati a quadri radiologici particolari e altrettanto particolari risultati a determinati tests clinici, consente di giungere a una diagnosi molto probabile di idrocefalo normoteso.


Diagnosi

Ottenere una diagnosi di idrocefalo normoteso è fondamentale per giustificare il trattamento chirurgico e soprattutto stimare il grado di responsività al trattamento offerto. Con gli strumenti attuali è impossibile fare diagnosi di certezza di idrocefalo normoteso, pertanto l’insieme di una serie di elementi clinici e radiologici consente di ottenere una diagnosi più o meno probabile di idrocefalo normoteso.

Il primo presupposto è la presenza della triade sintomatologica precedentemente descritta: disturbo della deambulazione, della memoria ed incontinenza urinaria. Esistono patologie degenerative che possono provocare quadri clinici sovrapponibili a quello dell’idrocefalo normoteso, ad esempio il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson o la malattia cerebrovascolare.

La Risonanza Magnetica è fondamentale per documentare la presenza di un idrocefalo tetraventricolare tuttavia, soprattutto nel paziente anziano, in considerazione della fisiologica perdita di sostanza cerebrale (atrofia cerebrale), è possibile il riscontro di quadri di dilatazione dei ventricoli cerebrali legati a questo fenomeno (idrocefalo ex vacuo). Con gli anni sono state introdotte metodiche di valutazione delle immagini di risonanza magnetica e nuovi protocolli di esecuzione dell’esame (ad esempio la cineRM che studia la fluidodinamica del liquor) che hanno migliorato il potere diagnostico di questo studio.

Tra i test clinici di rilievo è importante il test di sottrazione liquorale che consente, attraverso l’esecuzione di una puntura lombare in regime di ricovero, di valutare

(i) Pressione d’apertura del liquido cefalorachidiano

(ii) Eventuale miglioramenti del quadro sintomatologico (in particolare il disturbo della deambulazione) dopo sottrazione di un certo quantitativo di liquor.

La decisione circa l’indicazione all’ intervento chirurgico dipende dalla combinazione di tutti questi elementi al fine di ridurre al minimo il rischio di fallimento terapeutico legato ad un non completo inquadramento diagnostico.


Trattamento

Il trattamento dell’idrocefalo normoteso è neurochirurgico. Si basa sul posizionamento di una valvola di derivazione del liquido cefalorachidiano dai ventricoli cerebrali al peritoneo (derivazione ventricolo-peritoneale) o all’atrio cardiaco (derivazione ventricolo-atriale). La tecnica più diffusamente impiegata è quella di derivazione ventricoloperitoneale.


Prognosi

La prognosi dipende da numerosi fattori, in primis da una corretta diagnosi e dal successo dell’intervento di derivazione. Spesso, quando entrambi questi presupposti sono soddisfatti, si ottengono sorprendenti miglioramenti clinici, in primis per quanto riguarda il disturbo della marcia. Dopo l’intervento i pazienti necessitano visite di controllo ambulatoriali seriate per verificare il corretto funzionamento della valvola, e valutar eventuali modifiche della taratura della valvola sulla base dei sintomi e delle immagini radiologiche di controllo. Le valvole di derivazione del liquor, infatti, sono dotate di un sistema di taratura modificabile dall’esterno in maniera non invasiva.